Conciliare vita e lavoro?Volendo si può per tutti (papà compresi)
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L’immaginario collettivo, in particolare nell’ambito lavorativo ed istituzionale, tende ad associare semplicisticamente il termine “conciliazione” con le richieste di part-time da parte della mamme. Che dire?
Che purtroppo si tratta di un’ interpretazione riduttiva, miope e per di più tutta italiana[1] (almeno per ora…si spera!). Se parliamo di reale e realistica necessità di conciliazione tra il tempo da dedicare al lavoro e quello da dedicare ai figli, non possiamo prescindere dal fatto che, come è noto, i genitori non sono solo mamme! (e poi diciamolo pure, di nuovi modi e tempi per conciliare la vita professionale con quella privata ne abbiamo bisogno tutti, genitori e non… basti pensare ad esempio alla battaglia delle 35 ore in Francia [2]che è sempre stata ed è tutt’ora al centro di un dibattito molto vivace!).
Certo, la specificità della condizione “femminile” ha risvolti del tutto peculiari[3], ma non è questo (quello della conciliazione) l’ambito in cui affrontarli, perché finché la conciliazione rimarrà un problema prevalentemente o esclusivamente femminile non si potrà parlare di vera conciliazione. Credo sia opportuno e necessario, infatti, che il tema della “conciliazione” vada affrontato in termini di genitorialità e non di genere, perché solo un approccio “trasversale” può inquadrare il problema nella sua complessità, andando nella direzione di una parità che chiede, di fatto, di essere “biunivoca”: anche i papà vogliono vedere riconosciuti il loro ruolo e i loro diritti. Le richieste che emergono da mamme e papà in rete sono significative in tal senso e non possono non indurci a (ri)pensare le modalità organizzative del lavoro (soprattutto in Italia) In tanti segnalano l’assenza di riforme efficaci e l’incoerenza di una società (più o meno civile) che se da un lato condivide il principio per cui il le giovani generazioni vanno educate ed istruite ed amate affinché siano in grado di comprendere ed accrescere il capitale che porta in sé il nostro mondo, dall’altro non vuole rendersi conto del fatto che senza il tempo e le energie da dedicare a quell’educazione, cosa sapranno fare i nostri figli del mondo che gli lasceremo?
Qualche speranza però c’è: negli ultimi anni anche in Italia finalmente è cresciuta l’attenzione al tema della conciliazione sia a livello associativo che istituzionale. Segnaliamo ad esempio l’evento che ha visto insieme Save The Children, Pari e Dispare e inGenere.it per discutere del Rapporto Save the Children dedicato alle “Mamme nella crisi”[4]. Evento che ha messo seduti attorno ad uno stesso tavolo molti interlocutori qualificati e lo stesso ministro del lavoro Elsa Fornero che, pur condividendo l’approccio al tema, ha però evidenziato come la scarsità delle risorse a disposizione non consentono “grandi piani” ma solo un approccio selettivo. Non mi sorprende, purtroppo. Anche in questo caso è emersa l’assenza di volontà ad intervenire seriamente nell’alveo delle politiche familiari, ancora una volta emerge una forma di miopia programmatica che della politica italiana.
Una tra le tante risposte possibili per favorire la conciliazione nasce proprio da un blog, l’idea che portano avanti con passione e convinzione tante mamme e papà è quella di utilizzare i congedi parentali ad ore, garantendo una “flessibilità dell’orario di lavoro a favore dei neo-genitori” che rende la vita con i figli, non sempre migliore, ma almeno pensabile! (in genere ha pubblicato un articolo esplicativo sul tema). Questa proposta sta facendo capolino, molto timidamente, anche a livello istituzionale: tra i disegni di legge in esame nei due rami del parlamento, ce ne sono almeno tre, che (ri)propongono infatti il congedo parentale part time.
E infine vi segnalo non una possibile proposta, ma una fattibile soluzione. Si tratta di un esperimento riuscito, o meglio, come ben detto dal giornalista del Corriere, una rivoluzione silenziosa nel mondo del lavoro: la “smaterializzazione” degli uffici.
E’ stata avviata nella sede milanese della Siemens e non solo ha superato le criticità legate ai part time (penalizzazioni salariali e di posizione contrattuale), ma ha aumentato la produttività dimostrando come con l’ufficio che diviene nomade emerga in maniera effettiva la meritrocazia ( visto che contano solo gli obiettivi raggiunti e non le ore passate dietro una scrivania scolpita nella pietra); i lavoratori inoltre organizzando meglio le loro giornate sono più motivati e produttivi, perché del resto per lavorare poco e male non c’è bisogno di essere a casa propria. Si può fare benissimo anche dall’ufficio!!!